La maggior parte di chi leggerà questo articolo sa che cos’è il miele e probabilmente lo apprezza anche.
Non è altrettanto scontato però che il lettore e la lettrice sappiano esattamente come il miele viene prodotto dalle api.
D’altro canto gli antichi ci hanno messo un po’ a scoprirlo. Nell’antica Roma si pensava che il miele cadesse dal cielo, si depositasse sulle piante e le api andassero a prenderlo bello e pronto. 1 Il meccanismo invece è un po’ diverso, meno celestiale ma altrettanto poetico.
Le piante, nel corso dell’evoluzione, per potersi garantire la sopravvivenza e la diffusione, si son fatte belle che furbe. Hanno cominciato ad emanare buoni odori e migliorare i propri colori, tramite la produzione di fiori2.
Già che ‘vedevano’ tutti questi insetti ronzare intorno a loro senza nulla fare3, hanno cominciato a pensare ‘ ma io come faccio a riprodurmi meglio di come ho fatto finora, dato che non mi posso muovere ? Guardando meglio, le piante si resero conto che tutti questi insetti non se la passavano poi tanto bene, volavano piano e ronzavano poco…era chiaro. Stavano morendo di fame ! I fiori allora, geneticamente generosi, decisero di dar loro una sostanza zuccherina e profumata, il nettare, per attirarli a sé. E cosa fecero ? Si fecero crescere dei begli organuli, ognuno secondo propria fantasia, detti nettàri, adibiti a secernere un liquido zuccherino di cui gli insetti cominciarono ad andare ghiotti.
In questo modo gli insetti golosi, soprattutto le api, cominciarono a tuffarsi a capofitto dentro ai fiori alla ricerca di questo divino nettare. I fiori, furbastri nel dna, in cambio del cibo fornito, iniziarono a sporcare i corpi molto spesso pelosi degli insetti, con il loro polline. Così facendo si assicurarono la riproduzione incrociata poiché l’insetto, volando di fiore in fiore, trasportava con sé grandi quantità di polline, che depositava sul fiore successivo. Questo meccanismo ebbe così successo che la natura esplose di mille fiori di forme, colori e profumi differenti e gli insetti, nutriti dal dolce succo, cominciarono anch’essi a prosperare.
Dunque gli insetti in generale e le api in particolare divennero i messaggeri d’amore dei fiori, tanto che quando arrivarono quei noiosoni degli umani, che dovevano sempre dare un nome a tutto, questi insetti li chiamarono in un modo molto azzeccato, ovvero insetti pronubi. Pronubo nell’antica Roma era colui il quale favoriva gli incontri amorosi. Quale miglior nome per un insetto che permette ai fiori di ‘fare l’amore’ e riprodursi ?4
Ma torniamo al centro del discorso. Le api da miele. Apis mellifera. Le api, non contente di surgere il divino succo iniziarono a pensare bene di arricchirlo di enzimi da loro stesse prodotte e metterlo a maturare dentro il loro alveare, per renderlo più buono, più nutriente e soprattutto utilizzabile più a lungo, dato che in determinati periodi dell’anno, tanti fiori in giro non ce ne sono o se ce ne sono, fa troppo freddo per andarli a cercare.
Ecco dunque che l’ape che cosa fa? Quando va a fare la spesa riempie la propria borsa melaria, un organo interno che ha la forma e la funzione di una vera e propria borsa5 succhia con la propria ligula tutto il nettare che può, da quanti più fiori possibili e torna nell’alveare. Una volta lì comincia un procedimento chiamato tecnicamente trofallassi.
In parole povere le api cominciano a ‘passarsi’ il miele di ligula in ligula centinaia di volte e nel farlo lo arricchiscono di enzimi ed altre preziose sostanze. Dopo questi passaggi il nettare comincia a diventare miele. A questo punto però è ancora troppo carico di acqua, allora le apette furbette che fanno? Lo immagazzinano dentro le cellette del loro alveare, normalmente quelle più in alto, e lo disidratano. Utilizzano l’aria calda e secca che normalmente gira nell’alveare per far evaporare l’acqua in eccesso, fino a portarlo ad un’umidità intorno al 17-20%. Quando è ‘pronto’, per conservarlo al meglio le api lo chiudono con un tappo di cera e lo conservano così fino a che non gli serve. Al momento dell’utilizzo mordono il tappo di cera, prelevano il miele e lo utilizzano a fini alimentari.
L’apicolore infine cosa fa ? Quando il miele destinato al consumo umano è pronto, ovvero è per la maggior parte ‘opercolato‘ dal tappo di cera, lo prende e lo porta in laboratorio per ‘smielarlo‘, farlo maturare nuovamente ed infine invasettarlo.
C’è in questo processo un tacito accordo mistico anche tra le api e l’uomo. Le api sono laboriose per natura; muoiono letteralmente di lavoro. Di conseguenza prelevano assai più nettare da trasformare in miele, di quello che razionalmente gli serve. L’essere umano ha sempre utilizzato questa generosità intrinseca dell’ape per prelevare una quantità di miele sufficiente a garantirsi lui il proprio nettare degli dei e lasciarne abbastanza alle api per superare l’inverno e ricominciare il pascolo ed il raccolto la primavera successiva. In cambio l’apicoltore si prende cura delle api, le salvaguardia, gli da una casa e le accudisce. Da qui potrebbero partire una miriade di discorsi che se volete possiamo approfondire nei commenti; l’articolo lo chiudiamo, come il cerchio che unisce piante, api e umani, tutte unite nel dolce profumo del nettare/miele che inebria i sensi e cura i mali.
1G. Bosca – guida pratica di apicoltura pg. 261
2Libera rielaborazione assolutamente profana di secoli di studi di evoluzionismo da me NON studiati
3Entomologi di tutto il mondo perdonateci
4Botanici di tutto il mondo perdonateci
5Altrimenti non l’avrebbero chiamata borsa, vi pare ?
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